“U Mirìcu”, il luogo dei misteri ancestrali. Le Gole di Tiberio – si sa – sono il frutto del millenario lavorio dovuto al carsismo delle acque del Fiume Pollina, che ha scavato nelle triassiche rocce calcaree uno spettacolare canyon naturale. Eppure, in quel luogo incantevole in cui il tempo sembra essersi fermato, sembra che non siano soltanto le pareti a essere state solcate. Stando a una leggenda locale, infatti, pare che in una parte di esse non ci sia il fondale: una sorta di inghiottitoio a spire, lungo ben dieci chilometri, collegherebbe per via sotterranea le acque del torrente a quelle del Mar Tirreno. A causa di questo cordone inesplicabile, tale zona è stata indicata dall’antica tradizione locale come “u Mirìcu”. Questo antico lemma ha il significato di ‘ombelico’: è come se l’aspetto di questo turbine volesse richiamarne la forma, quasi a voler occultare i segreti che lo avvolgono. In quest’area, avviluppata dall’ombrosa frescura, a causa della buia profondità delle acque, non si riesce a scorgere il fondo; le pareti appaiono strettissime e la vegetazione soprastante crea una sorta di tettoia che impedisce al sole di penetrarvi. Un luogo ottenebrato, insomma, che ha sempre incusso paura agli antichi abitanti del posto: persone scomparse e animali inghiottiti sarebbero la diretta testimonianza di tale inquietudine. Racconto a parte, però, è pur vero che questa piccola cornice naturale, immersa nella suggestione offerta dal paesaggio circostante, offre il giusto crogiolo tra leggenda e natura. Perché se la leggenda ha il fine di dare risveglio alla vita, la natura, dal canto suo, è ugualmente «vita che dorme».
Rosario Vecchio